Riassunto di Economia ed Organizzazione Aziendale — Appunti TiTilda

Indice

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Introduzione

Definizione Giuridica

La definizione di impresa non è presente all’interno del codice civile italiano; è invece presente quella di imprenditore (colui che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi).

Da questa definizione si trae che un impresa (che è l’attività svolta dall’imprenditore) è un’attività economica organizzata svolta professionalmente al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.

Un imprenditore può avvalersi della collaborazione di uno o più lavoratori subordinati ovvero coloro i quali si obbligano, mediante retribuzione, a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro (che può essere sia intellettuale che manuale) alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

Un’attività è un’impresa se rispecchia le tre caratteristiche seguenti:

Una società è un contratto con cui due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

Un azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa.

Una ditta (dal latino dicta, ovvero dire) è il nome commerciale scelto dall’imprenditore per esercitare l’impresa. Questo nome è quello che consente ai consumatori di identificare l’impresa e la legge ne garantisce l’uso esclusivo all’interno del mercato target.

Scopo dell’impresa

Un’impresa si occupa di trasformare input in output utilizzando risorse quali capitale fisico (macchinari), risorse immateriali (conoscenze, brevetti) e capitale umano (persone). L’output delle imprese è poi scambiato/venduto ad altre imprese (B2B) o a consumatori finali (B2C).

L’obiettivo dell’impresa, alla fine, è generare il maggior guadagno possibile per i proprietari (la cui remunerazione, appunto, dipende dalla capacità dell’impresa di generare profitto/utile).

La formula per calcolare il profitto è molto intuitiva:

\text{Utile} = \text{Ricavi} - \text{Costi}

Per aumentare l’utile è possibile (i) aumentare i ricavi o (ii) diminuire i costi, ad esempio, aumentando le quote di mercato, migliorando il prodotto, aprendosi a nuovi mercati, diversificando l’offerta, eccetera.

Nella realtà, l’impresa non può avere come unico obiettivo quello di massimizzare i ricavi, altrimenti si rischierebbe di cadere nello sfruttamento (che, in teoria, dovrebbe essere vietato dalla normativa vigente): l’impresa deve anche fare in modo di garantire un certo livello di benessere nei confronti dei dipendenti e deve impegnarsi ad essere sostenibile nei confronti dell’ambiente.

Rischi

Il lavoro dell’imprenditore e rischioso. Questo rischio è dato da diversi fattori:

L’imprenditore si assume il rischio d’impresa ovvero intasca i guadagni se l’impresa va bene e risponde delle perdite in caso contrario.

La responsabilità dell’imprenditore (o dei soci) può essere:

Ciclo di vita di un’impresa

Nascita

Per fondare un’impresa l’imprenditore deve predisporre un capitale iniziale. Questo capitale può essere:

La presenza di capitale proprio aumenta la credibilità dell’impresa e la rende più appetibile per gli investitori esterni diminuendo il rischio di insolvenza.

Successivamente l’imprenditore deve stilare un business plan che descriva l’idea imprenditoriale, il prodotto o servizio offerto, il mercato di riferimento, la strategia, il gruppo dirigente e le previsioni finanziarie. Questo documento è fondamentale per attrarre investitori e ottenere finanziamenti.

Morte

La vita dell’impresa e quella dell’imprenditore non terminano necessariamente nello stesso momento.

Un’impresa può essere sciolta per diversi motivi:

In Italia, un’impresa dura, in media, 12 anni prima di essere sciolta per qualsivoglia motivo.

Classificazione di imprese

Un’impresa è caratterizzata da diversi punti:

  1. Proprietà:
    • proprietà pubblica: di proprietà di un ente pubblico quale lo Stato;
    • proprietà privata: di proprietà di un privato.
  2. Obiettivo:
    • profit: l’imprenditore vuole guadagnare;
    • non profit: lo scopo non sono i soldi ma qualcosa di socialmente rilevante.
  3. Dimensione:
    • grande: ≥ 250 addetti e > 50 mln € fatturato;
    • medie: 50-249 addetti e 10-50 mln € fatturato;
    • piccole: < 50 addetti e < 10 mln € fatturato;
    • micro: < 10 addetti e ≤ 2 mln € fatturato.
  4. Output:
    • beni materiali:
      • imprese agricole: produzione di beni con processi legati alla terra;
      • imprese industriali e manifatturiere: produzione di beni utilizzando trasformazioni tecniche;
    • servizi: trasporti, distribuzioni di acqua o energia, ristorazione, banche, eccetera.
  5. Numero di output:
    • monoprodotto: produce un solo bene o servizio;
    • diversificate: più servizi o prodotti simili tra loro;
    • conglomerati: più servizi o prodotti anche molto diversi (spesso con un core business prevalente).
  6. Consumatore:
    • wholesale (all’ingrosso): beni acquistati da altre imprese;
    • retail (al dettaglio): beni acquistati dal consumatore finale.
  7. Localizzazione:
    • multinazionale;
    • nazionale.

Un settore è l’insieme di tutte le imprese che producono beni od offrono servizi considerati sostituibili (tra di loro) dal consumatore finale. Le imprese che appartengono ad uno stesso settore sono in competizione tra loro.

Le tipologie di impresa sono descritte dai codici ATECO (ATtività ECOnomiche), per l’Italia, e dal NACE (statistical classification of economic activities), per l’Unione Europea.

Forme giuridiche

Un’impresa può assumere una di molte forme giuridiche: la forma giuridica assunta da un’impresa ne determina diritti, doveri, norme che si applicano eccetera.

Le forme giuridiche dell’impresa si distinguono in imprese individuali (costituite da un’unica persona fisica) e imprese collettive (costituite da più persone).

La forma giuridica di un’impresa può essere cambiata in qualsiasi momento.

Impresa individuale

In un’impresa individuale, l’impresa coincide con l’imprenditore che risponde illimitatamente (con tutto il patrimonio personale) dei rischi dell’impresa.

Le imprese familiari sono un’estensione delle imprese individuali: in questo tipo di impresa si ha un imprenditore singolo che si avvale in modo continuativo delle prestazioni lavorative dei propri familiari.

Le imprese individuali (che, tra l’altro, costituiscono la maggior parte delle imprese italiane) richiedono poca burocrazia, nessun versamento del capitale, pochi obblighi e sono, in generale, veloci in termini di decisioni da prendere. Di contro, però, si ha che la responsabilità dell’imprenditore è illimitata e che le imposte crescono più velocemente del reddito.

Imprese collettive

Come già accennato, le società collettive, sono composte da un gruppo (almeno due) di persone che uniscono le proprie forze (e capitali) allo scopo di generare profitto.

Esistono tre tipi di imprese collettive:

Ciascuna di queste tipologie comprende a sua volta diverse sotto-tipologie di imprese che verranno analizzate in seguito.

Società di persone

Le società di persone sono abbastanza semplici sia dal punto della gestione che da un punto di vista burocratico. Vista la scarsa presenza di gerarchie ben definite, i soci di una società di persone hanno spesso problemi di coordinamento e poca autonomia decisionale. Queste società non hanno bisogno di un capitale iniziale minimo.

Queste società sono caratterizzate da una responsabilità illimitata e solidale dei soci: questo significa che, in caso di un socio che non adempi agli obblighi, gli altri soci devono rispondere con il proprio patrimonio personale.

Le tipologie di società di persone riconosciute per legge sono:

Società di capitale

Le società di capitale possono risultare molto più complesse e macchinose da gestire in quanto sono soggette a dover adempire a molti obblighi burocratici, fiscali, di trasparenza e di governance. Di contro, però, è possibile una maggiore autonomia decisionale in molti campi, le tasse sono spesso minori e la responsabilità di ogni socio è limitata al capitale conferito in partenza (salvo in casi di illecito).

Le tipologie di società di persone riconosciute per legge sono:

Società cooperative

Lo scopo di queste società è quello di fornire ai soci servizi a condizioni più vantaggiose di quelle presenti sul mercato.

Dovendo reinvestire tutti i profitti nell’attività imprenditoriale, godono di buone agevolazioni fiscali (che possono perdere in caso non vengano rispettati i requisiti di società cooperativa).

Organizzazione di un impresa

Nell’economia classica le persone sono descritte col concetto di homo economicus ovvero un individuo razionale che agisce in modo egoistico per massimizzare la propria ricchezza.

Questa interpretazione è utile per formulare teorie generali, ma nella realtà le persone umane svolgono attività economiche come mezzo, non come fine. Le persone hanno una razionalità limitata e agiscono per massimizzare il proprio benessere individuale, non solo quello materiale.

E’ detto organizzazione un insieme di individui con uno scopo comune, perseguibile tramite azioni individuali e collettive opportunamente definite e coordinate. Nella pratica, l’organizzazione di un’impresa consiste nell’assegnazione mansioni e nel loro coordinamento.

L’organizzazione può essere vista in diverse prospettive:

Le imprese hanno un proprio ciclo di vita che segue alcune fasi: le prime tre sono sviluppo, crescita e maturità. A quest’ultima può seguire la fase di rivitalizzazione oppure le fasi di declino e morte.

Maggiore è la complessità di un’organizzazione e più saranno le attività da svolgere e la specializzazione dei membri.

Col crescere del numero di individui di un’organizzazione, crescono i problemi di diffusione delle informazioni, di allineamento degli obiettivi e di coordinamento.

Per tentare di contenere gli effetti negativi di questi problemi, il vertice organizzativo dell’organizzazione deve occuparsi di progettare sia la macrostruttura (quali sono le unità organizzative) che la microstruttura (quali sono le mansioni del singolo individuo).

Progettazione della microstruttura

Per avere un buon assetto organizzativo è necessario creare una condizione di efficacia dove:

Un compito è un insieme di azioni collegate ed imprescindibili.

Una mansione è un insieme di compiti caratterizzanti una posizione individuale.

Una posizione individuale è la posizione di un individuo all’interno dell’organizzazione a cui è associata una mansione (ogni posizione individuale è assegnata ad una sola persona ma la stessa mansione può essere assegnata a più persone).

Un ruolo è composto dalle aspettative circa i comportamenti attesi da chi ricopre una data posizione individuale.

La progettazione della microstruttura consiste nel definire la posizione degli individui all’interno dell’organizzazione, ossia quello che fanno e come devono farlo.

Una delle attività fondamentali è quella del disegno delle mansioni: per ogni individuo, si deve decidere come assegnargli autorità decisionale e quanto deve essere specializzato.

Specializzazione

La specializzazione consiste in quanto è specifica una mansione e in quanto un individuo è specializzato in quella mansione.

Esistono due tipi di specializzazioni:

La specializzazione orizzontale comporta i seguenti vantaggi:

Ma porta anche svantaggi:

Come già ampiamente osservato e documentato fin dai tempi della catena di montaggio, un’eccessiva specializzazione porta i lavoratori a sentirsi frustrati e alienati. Alcune tecniche per ridurre il senso di frustrazione sono:

Una mansione, per essere trasmessa ad un lavoratore, deve essere codificata: questo può avvenire per forma scritta (tramite protocolli, procedure et similia) o per forma orale (lavoratore esperto effettua il training di un lavoratore appena assunto).

Formalizzazione

La formalizzazione di una mansione descrive le modalità di svolgimento di una mansione. La formalizzazione ha l’obiettivo di velocizzare e standardizzare le decisioni/azioni portando:

Solitamente solamente le mansioni operativi possono essere formalizzate facilmente, mentre quelle manageriali e professionali sono più difficili da formalizzare.

Autonomia decisionale

L’autonomia decisionale è la libertà di prendere decisioni in merito alla propria mansione senza dover chiedere il permesso al proprio superiore.

L’obiettivo è velocizzare il processo decisionale rimuovendo i tempi dovuti all’attesa della risposta da parte del supervisore.

Una maggiore autonomia decisionale assegnata agli individui, oltre che a portare diversi vantaggi, porta alla perdita di controllo da parte dell’organizzazione (il che va a braccetto con il fatto che, spesso, gli obiettivi di organizzazione e individuo non combacino).

Per evitare la perdita di controllo pur mantenendo autonomi gli individui, si devono introdurre degli incentivi per spingere i lavoratori a compiere scelte adeguate per la persecuzione degli obiettivi dell’impresa.

Ovviamente gli incentivi devono essere misurati in modo da non poterne abusare.

Motivazione

Le motivazioni che spingono un individuo a lavorare possono essere categorizzate in diversi modi: una prima distinzione può essere quella tra motivazioni intrinseche (ad es. si diverte) e motivazioni estrinseche (ad ed. ritorno economico).

Un’altro modo di categorizzare queste motivazioni è la piramide di Maslow: in questa piramide vengono categorizzati i bisogni che un individuo è motivato a soddisfare nei 5 livelli elencati di seguito da quelli alla base a quelli in cima (i primi due sono anche detti bisogni primari mentre gli altri sono anche detti bisogni secondari).

  1. Bisogni fisiologici: bisogni legati alla sopravvivenza come cibo, acqua, sonno, etc.;
  2. bisogni di sicurezza: sicurezza fisica, economica, salute, etc.;
  3. bisogni di appartenenza: sentirsi parte di un gruppo, avere relazioni sociali, etc.;
  4. bisogni di stima: legati alla percezione di se nella società, al riconoscimento e al rispetto da parte degli altri;
  5. bisogni di autorealizzazione: legati alla percezione di se rispetto alle proprie potenzialità.

Quando un individuo ha soddisfatto i bisogni appartenenti ad un certo livello della piramide, non si sente più appagato e tenterà di soddisfare i bisogni del livello più in alto.

I metodi per ricompensare, motivare e controllare i lavoratori dipendono dalla cultura organizzativa che consiste di tutte le norme sociali attuate all’interno dell’azienda.

Secondo il framework dei valori concorrenti, la cultura organizzativa può essere descritta da due indici:

Questi due indici danno origine a quattro culture organizzative:

Progettazione della macrostruttura

Mentre la microstruttura si occupa del posizionamento del singolo individuo, la macrostruttura si occupa delle interazioni tra individui e tra gruppi di individui.

Tre sono i passi fondamentali per la progettazione della macrostruttura di un’organizzazione:

  1. creazione delle unità organizzative (UO), organizzati per mansioni e posizioni individuali;
  2. definizione delle competenze, mansioni, responsabilità, obiettivi e meccanismi di coordinamento con altre UO;
  3. formalizzazione e creazione dell’organigramma derivando le informazioni da rappresentare dai due punti precedenti.

L’organigramma possiede due proprietà intrinseche che ne descrivono la complessità:

L’aumento delle UO porta ad un aumento della complessità dell’organigramma e, di conseguenza, ad un aumento della difficoltà e dei costi di coordinamento tra le UO.

Le UO nell’organigramma si distinguono tra UO di linea (che compongono l’albero principale dell’organigramma) e UO di staff (che fungono da supporto alle unità di linea sottostanti).

Le UO possono essere distinte anche tra permanenti e temporanee.

Le varie UO su di un organigramma possono essere raggruppate per:

I criteri di raggruppamento utilizzati definiscono la struttura organizzativa dell’impresa e possono essere combinati tra loro tra i diversi livelli gerarchici.

Struttura Semplice

La struttura semplice è una struttura organizzativa con un numero ridotto di UO e con un vertice organizzativo molto forte. In questa struttura, il vertice organizza e coordina tutte le attività dell’impresa e prende tutte le decisioni importanti. Le UO sono poche e non sono specializzate: ogni UO si occupa di più mansioni e le persone hanno una scarsa autonomia decisionale.

Questa struttura è tipica delle piccole imprese e studi professionali.

Struttura Funzionale

Nella struttura funzionale, le unità organizzative (UO) di primo livello sono create raggruppando mansioni e individui in base agli input, ovvero ai compiti specifici di ciascuna funzione.

Questa struttura è particolarmente adatta per imprese monoprodotto che operano in contesti stabili e poco diversificati in termini di tecnologie, prodotti e mercati. La sua diffusione è dovuta alla semplicità e all’efficacia in situazioni gestionali stabili, dove la ripetitività delle procedure è un elemento caratterizzante.

Vantaggi:

Svantaggi:

Struttura Divisionale

La struttura divisionale è una struttura organizzativa in cui le unità organizzative (chiamate anche business unit o divisioni) di primo livello sono create in base agli output, ovvero ai prodotti, ai clienti o alle aree geografiche.

Questa struttura è particolarmente adatta per imprese diversificate che operano in contesti dinamici e complessi, dove è necessario adattarsi rapidamente alle esigenze del mercato e dei clienti.

Vantaggi:

Svantaggi:

Struttura a Matrice

La struttura a matrice è una struttura organizzativa che combina le caratteristiche della struttura funzionale e della struttura divisionale. In questa struttura, le unità organizzative di primo livello sono create sia in base agli input (funzioni) che agli output (prodotti, clienti o aree geografiche).

Questa struttura è particolarmente adatta per imprese grandi che operano con molti input, output e con risorse da condividere.

Vantaggi:

Svantaggi:

Meccanismi di coordinamento

Esistono diversi meccanismi di coordinamento tra le UO:

Relazioni interorganizzative

Le organizzazioni collaborano tra di loro per :

Le relazioni interorganizzative si classificano in base alla somiglianza tra le organizzazioni e alla tipologia di rapporto (competitività vs. cooperazione).

Questa classificazione dà vita a quattro tipologie di relazioni:

Contabilità esterna

La contabilità è quel processo di raccolta di tutte le informazioni che consentono dare una valutazione dell’impresa.

La contabilità esterna si occupa di tutte le informazioni pubbliche riguardo le interazioni dell’organizzazione con l’esterno. Queste informazioni devono essere raccolte ed esaminate seguendo criteri omogenei definiti dalla legge.

La contabilità esterna interessa soprattutto gli shareholders e gli stakeholders.

Bilancio d’esercizio

Il principale documento output di questo processo è il bilancio d’esercizio (un esercizio è un anno contabile) che mostra la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa durante l’esercizio.

Il bilancio deve contenere informazioni sul

Il bilancio è obbligatorio per legge e le aziende quotate in borsa devono renderlo pubblico.

I principi contabili, stabiliti da IFRS/AIS, stabiliscono i fatti da registrare, le modalità di registrazione, i criteri di valutazione e di esposizione di bilancio.

Il bilancio deve comunicare se l’impresa è:

Le transazioni possono avvenire in due modalità:

Stato Patrimoniale (SP)

Lo stato patrimoniale rappresenta un riassunto di tutti i possedimenti di un’impresa in un determinato istante.

Lo stato patrimoniale è diviso in due sezioni principali:

Vale sempre la formula

\text{Totale Attività} \equiv \text{Totale Passività} + \text{Patrimonio Netto}

Le attività sono riportate sulla base del criterio di liquidità, mentre le passività sono riportate secondo il criterio di esigibilità, ovvero la capacità di essere convertite in denaro o di essere pagate nel breve termine (esercizio).

Per le attività l’ordine è:

Le attività a vita utile definita perdono valore col passare del tempo. Questa perdita di valore è detta ammortamento è può essere:

Le attività a vita utile non definita, invece, possono subire sia una svalutazione che una valutazione in base al criterio del fair value (valore equo) che rappresenta il prezzo di mercato di un bene o servizio in un mercato attivo.

Per le rimanenze di magazzino, il valore considerato è il minimo tra il costo (che può essere calcolato con il metodo FIFO (si considerano venduti i pezzi prodotti precedentemente) o con il metodo del costo medio (si considera il prezzo medio dei prodotti) e il valore di realizzo.

Per le passività l’ordine è:

Conto Economico (CE)

Il conto economico rappresenta la situazione economica dell’impresa durante l’esercizio e mostra i flussi di soldi in entrata ed uscita, l’utile di esercizio, sostenuti durante l’esercizio (si azzera annualmente).

Il conto economico è calcolato secondo il criterio di competenza economica e mostra i ricavi e i costi sostenuti durante l’esercizio.

I ricavi di competenza rappresentano il valore dei beni venduti o dei servizi erogati durante l’esercizio, indipendentemente dall’incasso. Vengono registrati nel Conto Economico (CE) nell’anno di alienazione del bene o erogazione del servizio.

Scenari per i Ricavi (secondo il principio di competenza):

  1. Prodotto/servizio consegnato e pagato dal cliente:
    • Si registra un Ricavo nel CE.
    • Aumenta la Cassa (Attività nello Stato Patrimoniale - SP).
  2. Prodotto/servizio consegnato, ma non pagato dal cliente:
    • Si registra un Ricavo nel CE.
    • Aumentano i Crediti Commerciali (Attività in SP).
  3. Cliente ha pagato, ma prodotto/servizio non ancora consegnato:
    • Non si registra un Ricavo nel CE.
    • Aumenta la Cassa (Attività in SP).
    • Aumentano gli Anticipi da Clienti (Passività in SP).

I costi di competenza sono il valore delle risorse utilizzate per generare i ricavi dell’esercizio, indipendentemente dal pagamento. Vengono registrati nel CE nell’anno in cui contribuiscono alla produzione.

Scenari per i Costi (secondo il principio di competenza):

  1. Bene/servizio usufruito e pagato dall’impresa:
    • Si registra un Costo nel CE.
    • Diminuisce la Cassa (Attività in SP).
  2. Bene/servizio usufruito, ma non ancora pagato dall’impresa:
    • Si registra un Costo nel CE.
    • Aumentano i Debiti Commerciali (Passività in SP).
  3. Impresa ha pagato, ma bene/servizio non ancora usufruito:
    • Non si registra un Costo nel CE.
    • Diminuisce la Cassa (Attività in SP).
    • Aumentano i Costi Anticipati (Attività in SP).

Il conto economico può essere redatto secondo due modalità:

Il conto economico solitamente ha la seguente struttura:

Voce Descrizione
+ Ricavi
+ Altri Proventi ricavi dall’utilizzo di terzi dei beni aziendali
= Totale Ricavi
- Acquisti di materie prime
- Costi Personale
- Costi Operativi
- Costi per lavori interni capitalizzati
- Variazione rimanenze differenza algebrica tra il valore delle rimanenze finali e quelle iniziali
= EBITDA Utile operativo ante ammortamenti, interessi e tasse
- Ammortamenti
- Plusvalenze/minusvalenze da realizzo di attività correnti (ricavo di una cessione)
- Ripristini/svalutazioni di valore di attività correnti (fair value)
= EBIT/MON Utile operativo, Margine Operativo Netto
+ Proventi finanziari
- Oneri finanziari interessi sui finanziamenti
= Utile prima di imposte
- Imposte sul reddito
= Utile dalle attività in funzione
+/- Utile (perdita) netto dalle attività cessate
= Utile netto d’esercizio
Metodo della partita doppia

Il metodo della partita doppia è un sistema di registrazione contabile che permette di tenere traccia delle transazioni economiche in modo da garantire l’equilibrio tra le attività e le passività.

Questo metodo si basa sul principio:

\text{Attività} = \text{Passività} + \text{Patrimonio Netto}

Dove il patrimonio netto dell’esercizio è dato da:

\text{Patrimonio Netto} = \text{Patrimonio netto}^{t - 1} + \text{Utile d'Esercizio}

e dal conto economico sappiamo che:

\text{Utile d'Esercizio} = \text{Ricavi} - \text{Costi}

Il componente fondamentale del metodo della partita è il mastrino (o conto): un registro contabile che contiene le informazioni relative ad una singola voce di stato patrimoniale o di conto economico.

I mastrini sono divisi in due colonne:

I mastrini di stato patrimoniale devono essere iniziati con il saldo iniziale dell’esercizio e aggiornati con le transazioni che avvengono durante l’esercizio. I mastrini di conto economico, invece, vengono azzerati all’inizio di ogni esercizio e aggiornati con le transazioni che avvengono durante l’esercizio.

Dare Avere
+ Attività - Attività
- Passività + Passività
- Patrimonio Netto + Patrimonio Netto
+ Costi + Ricavi

Ogni transazione viene contabilizzata in modo che la somma dei valori messi in dare sia pari alla somma dei valori in avere, quindi ogni transazione dà origine a due o più mastrini.

Rendiconto Finanziario (schema di cash flow)

Il rendiconto finanziario è il documento che mostra i flussi di cassa dell’impresa durante l’esercizio, ossia le entrate e le uscite di denaro.

Il rendiconto finanziario segue il principio di cassa, quindi sono segnate solo le variazioni di disponibilità liquide.

Il Rendiconto Finanziario è strutturato in diverse sezioni basate sulla categoria dei flussi di cassa:

La somma algebrica di questi tre flussi fornisce l’incremento o il decremento delle disponibilità liquide durante l’esercizio.

Voce Formula
Flusso di cassa netto della gestione operativa A
Flusso di cassa netto per attività di investimento B
Flusso di cassa netto per attività di finanziamento C
Incremento (decremento) delle disponibilità liquide D = A + B + C
Disponibilità liquide all’inizio del periodo E
Disponibilità liquide alla fine del periodo F = D + E
Flusso di cassa netto della gestione operativa

La prima sezione del rendiconto finanziario è il flusso di cassa netto della gestione operativa, che rappresenta i flussi di cassa generati dalle attività operative (operating activities) dell’impresa.

Queste includono i flussi di cassa derivanti dalla gestione operativa aziendale, ovvero l’insieme delle attività finalizzate alle attività principali dell’azienda. Sono strettamente legate alla gestione operativa del Conto Economico.

Partendo dall’utile d’esercizio (CE), si rettificano i costi non monetari (come l’ammortamento) e le variazioni del capitale circolante netto operativo (differenza tra attività e passività correnti), ottenendo il flusso di cassa netto della gestione operativa.

Voce +/-
Utili del Periodo +/-
Rettifiche costi non-cash
Ammortamenti +
Accantonamenti +
Plusvalenze (Minusvalenze) da attività NC +/-
Ripristini (Svalutazione) da attività NC +/-
Variazione capitale circolante netto
Variazione crediti (finali - iniziali) -
Variazione rimanenze (finali - iniziali) -
Variazione debiti commerciali (finali - iniziali) +
Variazione debiti per imposte (finali - iniziali) +
Flusso di cassa netto della gestione operativa =
Flusso di cassa netto per attività di investimento

Il flusso di cassa netto per attività di investimento rappresenta i flussi di cassa generati dalle attività di investimento (investment activities) dell’impresa.

Queste includono i flussi di cassa derivanti dall’acquisizione e la cessione di immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie. Queste attività sono strettamente collegate alle voci delle attività nello Stato Patrimoniale.

Voce +/-
Pagamenti per acquistare attività -
Entrate dalla vendita di attività +
Pagamenti per l’acquisizione di partecipazioni in altre imprese -
Incassi dalla vendita di partecipazioni in altre imprese +
Flusso di cassa netto per attività di investimento =
Flusso di cassa netto per attività di finanziamento

Il flusso di cassa netto per attività di finanziamento rappresenta i flussi di cassa generati dalle attività di finanziamento (financing activities) dell’impresa.

Comprendono le variazioni dell’ammontare del patrimonio netto e/o del capitale di debito che derivano dalla politica di finanziamento dell’impresa (ad esempio, interessi, debiti, partecipazioni azionarie). Sono legate alle voci del Patrimonio Netto e delle Passività nello Stato Patrimoniale

Voce +/-
Incassi derivanti dall’emissione di azioni +
Rimborsi agli azionisti a seguito di riduzioni di capitale -
Dividendi erogati -
Incassi derivanti dall’accensione di prestiti +
Rimborsi di prestiti -
Flusso di cassa netto per attività di finanziamento =

Analisi del bilancio

L’analisi di bilancio è il processo che valuta la situazione economica di un’azienda mediante indicatori numerici.

Questi indicatori si dividono in tre categorie.

Indici reddituali

Gli indici reddituali misurano la capacità dell’impresa di generare utili.

Return on Equity (ROE)

Il Return on Equity (ROE) è un indicatore che misura la redditività del capitale fornito dagli azionisti.

Un ROE elevato indica che l’impresa sta generando un buon ritorno sugli investimenti degli azionisti. Un ROE che aumenta negli anni è indice di un miglioramento nella gestione.

Si calcola come:

\text{ROE} = \frac{\text{Utile Netto}}{\text{Patrimonio Netto}} [\%]

Dove:

Return on Investment (ROI)

Il Return on Investment (ROI) è un indicatore che misura la redditività della gestione operativa dell’impresa ovvero quanto bene è in grado di trasformare gli input in output.

Si calcola come:

\text{ROI} = \frac{\text{EBIT}}{\text{Capitale Investito}} [\%]

Dove:

Il ROI può essere visto anche come prodotto tra il Return on Sales (ROS) e la Rotazione dell’attivo (RA).

\text{ROS} = \frac{\text{EBIT}}{\text{Valore della produzione}}

\text{RA} = \frac{\text{Valore della produzione}}{\text{Capitale investito}}

Dove:

Il ROS misura la redditività operativa di ciascuna unità di prodotto realizzato. Il RA misura le capacità delle risorse dell’impresa di generare output di valore.

Dal RA derivano altri due indici:

\text{Rotazione delle scorte} = \frac{\text{Ricavi}}{\text{Valore rimanenze}}

\text{Tempo medio incasso crediti} = \frac{\text{Crediti commerciali}}{\text{Ricavi}} \cdot 365

Return on Debt (ROD)

Il Return on Debt (ROD) è un indicatore che misura il costo medio del capitale di debito.

Si calcola come:

\text{ROD} = \frac{\text{Oneri Finanziari}}{\text{Debiti Finanziari}} [\%]

Dove:

Se il ROI è maggiore del ROD, l’impresa sta generando un ritorno maggiore rispetto al costo del capitale preso in prestito, di conseguenza il debito crea valore aggiunto e conviene indebitarsi.

Nota: Esistono molte formule per calcoare il ROD. Nessuna di queste è quella riportata sopra in quanto questa misura semplicemente un costo invece che un ritorno. La considerazione sul confronto col ROI si mantiene vera se si calcola il ROI come descritto nel paragrafo precedente.

Leva Finanziaria

La leva finanziaria è un indicatore che misura il livello di indebitamento dell’impresa.

Si calcola come:

\text{D/E} = \frac{\text{Debiti}}{\text{Patrimonio Netto}}

Dove:

Se la leva finanziaria è maggiore di 1, significa che l’impresa ha più debiti che patrimonio netto, quindi maggiore è la leva finanziaria, maggiore è il rischio di insolvenza dell’impresa.

La redditività degli azionisti cresce con l’aumentare della leva.

Vale l’identità della leva finanziaria: \text{ROE} = [\text{ROI} + \text{D/E} * (\text{ROI} - \text{ROD})].

Indici di liquidità

Gli indici di liquidità misurano la capacità dell’impresa di far fronte ai propri impegni finanziari a breve termine.

Rapporto Corrente (RC)

Il Rapporto Corrente (RC) è un indicatore che misura la capacità dell’impresa di coprire le passività correnti con le attività correnti.

Si calcola come:

\text{RC} = \frac{\text{Attività Correnti}}{\text{Passività Correnti}}

Un RC molto maggiore di 1 indica che ha troppe risorse liquide e se investite potrebbero generare un ritorno maggiore.

Test Acido (TA)

Il Test Acido (TA) è un indicatore che misura la capacità dell’impresa di coprire le passività correnti con le attività correnti, escludendo le rimanenze di magazzino.

Si calcola come:

\text{TA} = \frac{\text{Attività Correnti} - \text{Rimanenze}}{\text{Passività Correnti}}

Dove:

Il valore del Test Acido deve essere maggiore di 1 per indicare che l’impresa ha sufficienti attività liquide per coprire le passività correnti.

Indici Patrimoniali

Gli indici patrimoniali misurano la solidità patrimoniale dell’impresa e la solvibilità a lungo termine.

Indice di Autonomia Finanziaria

Indica la capacità dell’impresa di aumentare il patrimonio netto senza contributi dai soci.

Si calcola come:

\text{Indice di Autonomia Finanziaria} = \frac{\text{Equity}}{\text{Capitale Sociale}}

Indice di Copertura del Debito

Indica la capacità dell’impresa di autofinanziarsi a fronte del debito finanziario.

Si calcola come:

\text{Indice di Copertura del Debito} = \frac{\text{Cash Flow Operativo}}{\text{Debiti Finanziari}}

Contabilità interna

Il problema della contabilità esterna consiste nel fatto che fornisce informazioni sintetiche e poco tempestive.

La contabilità interna si occupa di raccogliere informazioni più dettagliate e tempestive per supportare le decisioni aziendali.

L’impresa deve definire degli oggetti di costo, ovvero le aree di attività che devono essere monitorate e analizzate per valutare la performance dell’impresa (unità organizzative o prodotti).

Classificazione dei Costi

Il costo è un valore monetario che rappresenta il consumo di risorse per il raggiungimento di un obiettivo prefissato.

I costi possono essere classificati in base a diversi criteri:

Rilevazione dei Costi

La rilevazione dei costi è il processo di raccolta e registrazione dei costi sostenuti dai vari oggetti di costo.

I costi possono essere rilevati in diversi modi:

I costi vengono allocati in base ad un principio:

I principali metodi di rilevazione sono:

Process Costing

Il Process Costing è un metodo di rilevazione dei costi utilizzato per produzioni omogenee, con processi produttivi a flusso.

Se l’invarianza di wip (work in progress) è invariata, è possibile calcolare il CPI come:

\text{CPI} = \frac{\text{C}_\text{MD} + \text{C}_\text{LD} + \text{C}_\text{OVH}}{\text{N}_\text{PF}}

Dove:

Nel caso in cui ci fosse una variazione di semilavorati, bisogna calcolare:

In caso di rimanenze è possibile rilevare i costi tramite due metodi:

Job Order Costing (JOC)

Il Job Order Costing (JOC) è un metodo di rilevazione dei costi utilizzato per produzioni in cui l’output è quantificabile in lotti e ciascun reparto si occupa di più lotti nel periodo.

Utile quando i costi di materia prime e lavoro diretto sono preponderanti e attribuibili a singoli lotti.

I costi indiretti di produzione (Overhead) non sono direttamente imputabili ai singoli lotti e sono allocati proporzionalmente ad una base di allocazione (ba).

  1. Associare ad ongi lotto una base di allocazione (\text{ba}_j).
  2. Calcolo del coefficiente di allocazione (L): \text{CA} = \frac{\text{C}_\text{ovh}}{\text{Base di Allocazione Prevista}}
  3. Calcolo del costo totale del lotto (\text{C}_j): \text{C}_j = \text{C}_\text{MD} + \text{C}_\text{LD} + \text{CA} \cdot \text{ba}_j
  4. Calcolo del costo per unità del lotto (\text{CPI}_j): \text{CPI}_j = \frac{\text{C}_j}{\text{N}_{\text{PF}_j}}

Activity Based Costing (ABC)

L’Activity Based Costing (ABC) è un metodo di rilevazione dei costi preciso che un coefficiente di allocazione per ogni attività, permettendo di allocare i costi indiretti in modo più accurato.

  1. Identificare le attività che generano costi indiretti e definire i driver di costo (fattori che indicano l’impiego della risorsa al prodotto).
  2. Ripartire i costi al prodotto secondo il driver di ciascuna attività
  3. Calcolare il costo totale

Confronto tra i metodi

Di seguito sono riportate delle tabelle che confrontano i principali metodi di rilevazione dei costi (Process Costing, Job Order Costing - JOC, Activity Based Costing - ABC) in base ai criteri di allocazione dei costi e alle loro caratteristiche principali.

Metodo Materiali Diretti Lavoro Diretto Costi Indiretti
Process Costing Proporzionale Proporzionale Proporzionale
JOC Causale Causale Proporzionale
ABC Causale Causale Causale
Metodo Precisione Onerosità Ambito tipico di applicazione
Process Costing Bassa Bassa Processi a flusso
JOC Alta Alta MP+LD preponderanti
ABC Molto alta Molto alta OVH non proporzionali

Decisioni di breve periodo

Le decisioni di breve periodo sono decisioni che:

Nella scelta tra alcune alternative vengono considerati solo i costi e i ricavi che variano al variare della decisione, ovvero i costi differenziali e i ricavi differenziali.

Per valutare una scelta bisogna capire quanto guadagno uno o più prodotti possono portare all’impresa. Per fare ciò si calcola il margine di contribuzione (MC), che è la differenza tra il prezzo di vendita e i costi variabili.

m = p - cv

Il margine totale viene calcolato moltiplicando il margine di contribuzione per il numero di unità vendute (Q).

Make or Buy

In caso di decisione di Make or Buy, l’impresa deve decidere se produrre internamente un bene o acquistarlo da un fornitore esterno.

In questo caso si sceglie una delle alternative come caso base e si calcolano i costi differenziali tra le due alternative.

Bisogna anche considerare i costi opportunità, ovvero i benefici al quale si rinuncia scegliendo una delle due alternative.

Analisi di Break-Even

L’analisi di Break-Even è un metodo per determinare il punto di pareggio, ovvero il livello di vendite necessario per coprire tutti i costi fissi o ottenere un certo profitto.

Alcune ipotesi sono:

Per calcolare il punto di break even si deve prima trovare il margine di contribuzione medio (m_\text{medio}):

m_x = \text{prezzo} - C_\text{variabili} m_\text{medio} = \sum_{i=1}^{n} m_i * x_i

Dove x_i è la percentuale di unità vendute del prodotto i.

Per trovare il punto di break even, o il profitto target, si deve:

Q_\text{target} = \frac{C_\text{fissi} + P_\text{target}}{m_\text{medio}}

Per avere un confronto con la quantità massima che l’azienda può produrre si calcola il margine di sicurezza:

\text{Margine di Sicurezza} = \frac{Q_\text{max} - Q_\text{target}}{Q_\text{max}}

Mix Produttivo

Il mix produttivo è la combinazione di prodotti che l’impresa decide di produrre per massimizzare il profitto. Questo valore può essere influenzato da dei vincoli:

Per prima cosa di calcolano i margini di contribuzione per ogni prodotto.

Successivamente si esaminano i vincoli:

Valutazione degli Investimenti

Un investimento è un’operazione economica che comporta l’impiego di risorse finanziarie per ottenere un ritorno economico futuro.

Gli investimenti avere due tipologie di uscite di cassa:

Gli investimenti si valutano in base ad un caso base e si preferiscono le alternative che massimizzano il ritorno economico, soprattutto nel breve periodo.

Esistono due tipologie di investimenti:

Come nell’analisi di make or buy si calcolano i costi e i ricavi differenziali tra le due alternative.

Per prima cosa di calcolano le differenze nel conto economico nei vari anni e successivamente si rettificano tutte le uscite/entrate cash come ammortamenti, svalutazioni, plusvalenze/minusvalenze, etc.

Voce +/-
Ricavi Differenziali +
Costi Operativi Differenziali -
Ammortamenti Differenziali -
Stipendi Differenziali -
Plusvalenze/Minusvalenze +/-
Utile Lordo Differenziale =
Imposte Differenziali +
Utile Netto Differenziale =
Investimento Iniziale -
Rettificata Ammortamento +
Rettificata TFR +
Eroga TFR -
Rettificata Plus/Minus +/-
Vendite +
NCF =

In questo calcolo si ignorano i costi affondati, ovvero i costi che non possono essere recuperati e che non influenzano la decisione di investimento.

Analisi degli investimenti

Per analizzare gli investimenti di usano due tipologie di metodi:

I metodi DFC considerano attualizzazione del capitale, ovvero fatto che il valore del denaro nel tempo, ovvero il fatto che un euro oggi vale più di un euro domani a causa del costo opportunità del capitale (k).

Il costo opportunità del capitale è la remunerazione a cui i finanziatori (shareholders, banche, etc) del progetto rinunciano invece che investire in un progetto alternativo.

Net Present Value (NPV)

Il Net Present Value (NPV) è il valore attualizzato netto dei flussi di cassa futuri di un investimento, scontati al costo opportunità del capitale.

NPV = \sum_{t=0}^{n} \frac{NCF_t}{(1 + k)^t}

Dove:

Un NPV positivo indica che l’investimento è redditizio e dovrebbe essere accettato.

Profitability Index (PI)

Il Profitability Index (PI) è un indicatore che misura il valore attuale dei flussi di cassa futuri rispetto all’investimento iniziale.

Si calcola come:

PI = \frac{\sum_{t=1}^{n} \frac{NCF_t}{(1 + k)^t}}{NCF_0}

Un investimento è considerato redditizio se il PI è maggiore di 1, indicando che il valore attuale dei flussi di cassa futuri è maggiore dell’investimento iniziale.

Internal Rate of Return (IRR)

L’Internal Rate of Return (IRR) (o Tasso Interno di Rendimento - TAR) è il tasso di sconto che rende il NPV dell’investimento pari a zero.

\sum_{t=0}^{n} \frac{NCF_t}{(1 + IRR)^t} = 0

Un IRR maggiore del costo opportunità del capitale (k) indica che l’investimento è redditizio.

Payback Time (PT)

Il Payback Time (PT) è il tempo necessario per recuperare l’investimento iniziale attraverso i flussi di cassa netti generati dall’investimento.

Il Payback Time si calcola sommando i NCF (attualizzati e non) fino a raggiungere l’investimento iniziale.

Un investimento è considerato accettabile se il Payback Time è inferiore al periodo di tempo stabilito dall’impresa (T_{CUTOFF}).

Il Mercato

Il mercato è un luogo dove avvengono scambi di beni e servizi tra acquirenti e venditori.

Secondo l’economia classica esistono due concetti fondamentali:

Domanda

La domanda è data dai consumatori e rappresenta la quantità di beni o servizi che i consumatori sono disposti ad acquistare a un certo prezzo.

I consumatori mirano a massimizzare la propria utilità, ovvero il grado di soddisfazione che ottengono dal consumo di beni e servizi.

La funzione di utilità descrive come varia il livello di soddisfazione del consumatore al variare delle quantità di beni e servizi consumati. Questa funzione ha:

Il consumatore ha un prezzo di riserva (PR), ovvero il prezzo massimo che è disposto a pagare per un bene o servizio in base all’utilità che ne deriva.

Il prezzo di riserva e la funzione di utilità portano alla curva di domanda individuale di un bene ed esprime il prezzo di riserva in base alla quantità. Questa funzione è decrescente (data la marginalità decrescente dell’utilità), quindi all’aumentare della quantità richiesta, il prezzo di riserva del singolo bene diminuisce.

La curva di domanda origina il Surplus del Consumatore, che rappresenta la differenza tra il prezzo di riserva e il prezzo di mercato pagato per un bene o servizio.

Questi valori derivano da:

La Domanda di Mercato è la somma delle domande individuali di tutti i consumatori per un determinato bene o servizio. La curva di domanda di mercato è la somma orizzontale delle curve di domanda individuali.

La domanda varia in base al:

La variazione della domanda in base ad uno di questi fattori porta all’elasticità della domanda, che misura la sensibilità della quantità domandata al variare di un fattore.

L’elasticità in base al prezzo della domanda si calcola come:

\varepsilon_x = \left| \frac{\Delta Q_x}{\Delta P_x} \cdot \frac{P_x}{Q_x}\right|

L’elasticità incrociata si calcola come:

\varepsilon_{xy} = \left| \frac{\Delta Q_x}{\Delta P_y} \cdot \frac{P_y}{Q_x}\right|

L’elasticità del reddito si calcola come:

\varepsilon_m = \left| \frac{\Delta Q_x}{\Delta M} \cdot \frac{M}{Q_x}\right|

L’elasticità della domanda può essere:

Offerta

L’offerta è data dai produttori e rappresenta la quantità di beni o servizi che i produttori sono disposti a vendere a un certo prezzo.

L’obiettivo dei produttori è massimizzare il proprio profitto, ovvero la differenza tra i ricavi totali e i costi totali.

\text{Profitto} = \text{RT}(q) - \text{CT}(q)

Dove:

Durante la produzione bisogna trovate la quantità ottimale da produrre, che massimizza il profitto. Questo dato è dato dalla differenza di ricavo/costo marginale.

Il Ricavo Marginale (RM) è la variazione del ricavo totale derivante dalla vendita di un’unità aggiuntiva di prodotto.

\text{RM} = \frac{\Delta \text{RT}}{\Delta q}

Il Costo Marginale (CM) è la variazione del costo totale derivante dalla produzione di un’unità aggiuntiva di prodotto.

\text{CM} = \frac{\Delta \text{CT}}{\Delta q}

Per massimizzare il profitto, l’impresa deve decidere la quantità ottimale da produrre seguendo questa logica:

L’impresa raggiunge il massimo profitto nel punto in cui il ricavo marginale è uguale al costo marginale dato che aumentare la produzione oltre questo punto comporterebbe un aumento dei costi senza un corrispondente aumento dei ricavi.

\text{RM} = \text{CM}

Tipologie di Mercato

I mercati possono essere classificati in base al numero di produttori e consumatori e alla presenza di barriere all’ingresso.

Le tipologie di mercati sono distribuiti in un continuum che va da un estremo di concorrenza perfetta a un estremo di monopolio, con l’oligopolio come intermedi.

Concorrenza Perfetta

La concorrenza perfetta è un mercato ideale in cui:

In questo tipo di mercato, i produttori sono price takers, ovvero accettano il prezzo di mercato come dato e non possono influenzarlo dato che:

Dato che i produttori non possono influenzare il prezzo di mercato, l’azienda può solo decidere la quantità da produrre per massimizzare il profitto.

CM(q) = RM(q) = P

La condizione minima per la produzione è che il prezzo di mercato sia maggiore o uguale al costo medio di produzione:

P \geq \frac{CM(q)}{q}

Nel lungo periodo, le imprese entrano ed escono dal mercato in base alla redditività:

Per le imprese la concorrenza non è desiderabile, in quanto porta le imprese al profitto nullo.

Per i consumatori, la concorrenza perfetta è desiderabile, in quanto porta a prezzi più bassi e massimizza l’efficienza allocativa del mercato, e massimizza il surplus del consumatore.

Monopolio

Il monopolio è un mercato in cui esiste un solo produttore che controlla l’intero mercato.

In questo tipo di mercato, il monopolista è un price maker, ovvero può influenzare il prezzo di mercato decidendo la quantità da produrre.

Fissando un prezzo superiore ai costi marginali il monopolista è in grado di ottenere un profitto positivo.

Il prezzo che massimizza il profitto si trova massimizzando il numero di persone che comprerebbero il prodotto per il prezzo fissato.

Questo diminuisce il surplus del consumatore e aumenta il profitto del produttore, portando a una perdita secca (persone che avrebbero comprato il bene nella concorrenza perfetta).

Il monopolio nasce da delle barriere all’ingresso nel mercato, che impediscono ad altri produttori di entrare e competere. Queste barriere possono essere:

Lo stato per limitare il monopolio può:

Conoscere il prezzo di riserva dei consumatori permette al monopolista di massimizzare il profitto applicando una discriminazione sui prezzi.

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Scritto da: Andrea Oggioni   Andrea Lunghi